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Béla Tarr • Regista

Semplice e puro

di 

- Il regista ungherese Béla Tarr ha vinto quest'anno l'Orso d'argento a Berlino per il suo ultimo film, The Turin Horse. L'autore spiega a Cineuropa la sua poetica e la sua intenzione di ritirarsi definitivamente dalle scene

Cineuropa: Com'è nata l'idea di partire da questo aneddoto su Nietzsche e com'è stata scritta la sceneggiatura?
Béla Tarr: László Krasznahorkai [fedele sceneggiatore di Tarr, ndr] stava leggendo alcuni brani del suo lavoro una sera a a teatro, nel 1985, e alla fine ha letto il racconto su Nietzsche che terminava con questa domanda: "Che cosa ne è stato del cavallo?". La domanda mi ha colpito. Ho parlato a Laszlo e abbiamo scritto una breve sinossi. Il cavallo deve avere un proprietario e quest'ultimo, forse, è affamato quanto lui. C'è anche sua figlia, poi uno degli elementi del triangolo sparisce. Quando un elemento viene meno, il rapporto vacilla. E' piuttosto semplice, in effetti. Ma questo è successo nel 1990, e all'epoca stavamo lavorando a Satantango, così abbiamo messo il progetto da parte. Abbiamo poi attraversato una grande crisi mentre giravamo The Man from London [+leggi anche:
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: era un anno che cercavamo di tenere la produzione in piedi. E' stato molto difficile per me. Laszlo è stato generoso e ha scritto il testo di The Turin Horse [+leggi anche:
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, in prosa. Non avevamo bisogno di farne una vera e propria sceneggiatura. Avevamo il concept e la struttura. Non ho bisogno di sceneggiatura. Quando cercavamo finanziamenti, abbiamo semplicemente inviato questo testo.

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Quando fa un film, da dove comincia?
Quando fai un film, non fai teoria. Cerco le location. Un luogo ha un volto, è uno dei personaggi principali. Così, ho trovato questa piccola valle in Ungheria, con il suo albero solitario. Non c'erano case, abbiamo dovuto costruirla noi. Detesto le scenografie artificiali, e così abbiamo costruito una casa vera, in legno e pietra. Abbiamo fatto anche il pozzo e la stalla.

Questo è il film più cupo che abbia mai fatto. Perché ha deciso di fare un film di questo genere?
The Turin Horse parla del peso dell'esistenza umana, della difficoltà del quotidiano e della monotonia della vita. Non volevamo parlare di mortalità o di cose troppo generali. Volevamo semplicemente osservare come sia difficile e terribile quando tutti i giorni devi andare al pozzo a raccogliere l'acqua, d'estate e d'inverno... Sempre. La ripetizione quotidiana della stessa routine mostra che qualcosa non va nel loro mondo. E' molto semplice e puro.

E' lei stesso che sente il peso della vita? E' per questo che ha deciso di chiudere la sua carriera?
No. Tutti i film che noi [Tarr e i suoi fedeli collaboratori, Krasznahorkai, Ágnes Hranitzky, Fred Kelemen e Mihály Vig, ndr] abbiamo fatto sono parte di un percorso. Nel mio primo film, sono partito dalla mia sensibilità sociale: volevo cambiare il mondo. Poi, ho capito che le cose erano ben più complicate. Oggi, posso semplicemente dire che è tutto piuttosto pesante e che non so che cosa succederà, ma vedo qualcosa che si avvicina: la fine. Sapevo che sarebbe stato il mio ultimo film ancor prima di cominciare le riprese.

Che libro è quello che i gitani danno alla ragazza?
E' un'anti-Bibbia. E' un libro che racconta di preti che chiudono le chiese perché la gente è peccatrice. Bisogna chiudere le chiese. Bisogna distruggerle. Nel testo che legge la ragazza, vi sono riferimenti a Nietzsche, ma il testo è originale, è di Krasznahorkai.

Il visitatore è chiaramente un personaggio nietzschiano, a giudicare dal suo monologo.
E' come l'ombra di Nietzsche: dovevamo mostrarlo, ma era necessario anche che differisse da Nietzsche. Il nostro punto di partenza era questa sua frase: "Dio è morto". Il personaggio invece dice: "Abbiamo distrutto il mondo, ed è anche colpa di Dio", che è diverso da quello che dice Nietzsche. Il punto importante è che gli uomini, me compreso, sono responsabili della distruzione del mondo, ma c'è anche una forza superiore (la tempesta, presente in tutto il film) che distrugge il mondo. La distruzione del mondo è quindi opera dell'uomo e di una forza superiore.

La fine del film è la sua visione dell'Apocalisse?
L'Apocalisse è un grande evento, ma la realtà è un'altra cosa. Nel mio film, la fine del mondo è molto silenziosa, molto discreta. La fine del mondo arriva come immagino che arrivi nella realtà: lentamente e con tranquillità. La morte è sempre la scena più terribile e quando vediamo qualcuno morire, animale o umano, è sempre terribile. Ma la cosa più brutta è che è come se non succedesse nulla.

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