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CANNES 2024 Quinzaine des Cinéastes

Recensione: Ma vie ma gueule

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- CANNES 2024: Agnès Jaoui porta sulle spalle l'ultimo film della compianta Sophie Fillières, una tragicommedia emblematica della singolarità poetica e dell'umanità della regista

Recensione: Ma vie ma gueule
Agnès Jaoui in Ma vie ma gueule

“Sentivo che il mio tempo stava per scadere”, “Quante docce prima di morire?”, “Voglio ricordare tutto, ogni momento”. Quando la scrittrice e regista del film in cui la protagonista pronuncia queste parole muore subito dopo le riprese, è ovviamente impossibile ignorare completamente l'evento e parlare solo dell'opera in sé. Eppure Ma vie ma gueule di Sophie Fillières, che la Quinzaine des Cinéastes del 77mo Festival di Cannes ha scelto (meritatamente) per aprire l'edizione 2024, si rivela uno specchio perfettamente fedele dell'anima ludica ed esistenzialista così spesso esplorata (da Aïe a Locarno a Gentille a Toronto, passando per Un chat un chat [+leggi anche:
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alla Berlinale) da questa cineasta. Una cineasta che non temeva il burlesco e le emozioni a volte assurde della vita, anzi, tutt'altro, giacché nutrivano il suo immaginario un po' anticonformista, una filosofia poetica che ci permetteva di guardare con un occhio diverso e teneramente ironico le prove e le tribolazioni della vita quotidiana, le nostre fragilità e i nostri dubbi.

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“Ho 55 anni e non so ancora qual è la mia natura”. Barberie Bichette (l'eccellente Agnès Jaoui) lotta con se stessa davanti al suo strizzacervelli silenzioso. Va detto che la professionista degli slogan pubblicitari surreali non è al suo meglio ("È sola come un cane. Chi vorrebbe fare sesso con lei?", confida la figlia studentessa a un'amica, una conversazione ascoltata per caso). Personalità piuttosto stravagante e assertiva, di cui a volte si vergogna un po' (soprattutto perché si mette spesso in situazioni socialmente imbarazzanti), la donna soprannominata Barbie vacilla al pensiero del tempo che passa: il padre, ex prestigiatore, è ormai costretto a letto, lei stessa è preoccupata di diventare vecchia, comincia a parlare da sola, comunica in modo imbarazzante con i figli (“Hai bisogno di soldi?”), ecc. E poi riemerge un uomo dalla sua adolescenza, un ricordo d'amore completamente cancellato (o represso?), che la manda in tilt e in clinica. D'ora in poi, come in una partita a scacchi con se stessa, Barbie dovrà decidere se e come ritrovare il gusto della vita e affrontare la tempesta. Ma le idee non le mancano mai...

Costruito in tre parti (“Pif”, “Paf” e “Youkou!”), Ma vie ma gueule è un ritratto divertente e commovente, una via di mezzo tra leggerezza e profondità in cui semplici verità emergono in piccoli segnali intrecciati a colpi di scena spesso comici e ambientati in un sontuoso scenario scozzese. È un modo bello, nobile ed elegante con cui Sophie Fillières si congeda dal mondo, parlando di argomenti seri e comuni a tutti noi, ma senza mai fingere di prendersi sul serio, riappropriandosi sottilmente della storia della propria vita.

Ma vie ma gueule è prodotto da Christmas in July e venduto nel mondo da The Party Film Sales.

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(Tradotto dal francese)

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